Lettera agli studenti per il nuovo Anno scolastico 2017/2018

Ciao ragazzi!
Spero che il cattivo tempo che ha accompagnato questi giorni non abbia guastato quell’atmosfera unica che contraddistingue il rientro a scuola o l’inizio di un nuovo percorso. Sono certo che tanti di voi avranno pensato o detto: «Iniziamo bene!», ma sono altrettanto sicuro che la gioia di ritrovarvi in classe o la trepidazione di conoscere i nuovi compagni di viaggio, vi abbia fatto dimenticare tutto con la stessa velocità che si impiega per chiudere un ombrello.

Ma la pioggia ci dà anche la possibilità di incontrare un simpatico animaletto che, forse, chi vive nei condomini, non vede più da tempo: la lumaca. Credo che molti di voi si siano proprio trascinati all’ingresso della scuola, lentamente, senza fretta di entrare e portandosi nella chioccia i ricordi e le emozioni dell’estate appena conclusa, ma anche tutta la sua storia. Mi piace, però, citarvi la lumaca soprattutto perché racchiude in sé due parole che desidero suggerirvi all’inizio di questo nuovo anno scolastico.

Siate fragili. Siate lenti.

Si avete capito bene: siate fragili e non vergognatevene. Alessandro D’Avenia ha scritto che «l’arte da imparare in questa vita non è quella di essere invincibili e perfetti, ma quella di saper essere come si è, invincibilmente fragili e imperfetti». La scuola non ha il compito di rendervi invulnerabili dalla fatica della vita, ma di darvi gli strumenti per ripartire ogni volta dalle vostre cadute. Fatevi insegnare che da ogni fragilità può nascere qualcosa di straordinario, che attraverso numerosi fallimenti nascono i successi più importanti. Walt Disney fu accusato di non avere fantasia; Thomas Edison arrivò alla lampadina dopo 10.000 tentativi falliti; Michael Jordan fu scartato dalla squadra di basket del suo liceo; Albert Einstein da piccolo era considerato un “ritardato” e Steve Jobs fu licenziato dalla Apple che lui stesso aveva fondato. La stessa morte di Gesù in croce fu considerata un fallimento è invece… A quanto pare sono stati dei falliti a cambiare il mondo. Per questo chiedete alla scuola di insegnarvi come fallire e non come avere successo, perché questo arriverà nella misura in cui avete imparato a superare i vostri fallimenti. Anche la lumaca salì nell’arca di Noè, ma ci arrivò con perseveranza.

E poi siate lenti.

La velocità è il nuovo idolo della nostra epoca. Treni ad alta velocità, fast food e se non hai una connessione veloce non sei nessuno. Quand’è che abbiamo scordato la meraviglia della lentezza? Ci sono forme di lentezza che incantano. Quella del mare quando è calmo, ad esempio. Quanto siete stati lenti in quest’estate nell’ammirare un tramonto sulla spiaggia? La lentezza dà il gusto alle cose, ci fa capire il senso di quello che facciamo. Da quanto tempo non vi fermate a guardarvi dentro? Non è colpa vostra, perché per la nostra società esseri lenti non è una qualità ma un male, un difetto, e così siamo sempre affannati, sempre a guardare disperati l’orologio e a non goderci veramente la vita, a non accorgerci dell’altro che ci sta accanto. Neanche la scuola è esente da questa frenesia: bisogna correre per finire il programma, dovete essere veloci nei compiti e nelle interrogazioni, c’è la laurea breve e ora anche il liceo breve. Tutto di fretta. Invece dovete pretendere che la scuola vi insegni la lentezza, che rispetti i diversi tempi che ciascuno impiega per maturare. Con la calma la lumaca va dove vuole. Chiedete ai vostri prof. di insegnarvi quella lentezza tipica dei poeti, dei matematici, dei filosofi, degli artisti, quella lentezza che li ha resi liberi dalla corsa compatta della massa verso un’unica meta. Ci hanno sempre detto che chi si ferma è perduto, ma, come canta Niccolò Fabi, si perde tutto chi non si ferma mai.

All’inizio di questo nuovo anno scolastico, sperando di non offendervi, vi auguro, allora, di essere lumache! Siate fragili e siate lenti. Non abbiate paura di esserlo e non temete di andare controcorrente. Come fa la lumaca, anche voi lasciate la vostra scia nella storia perché in voi è riposta la nostra speranza più concreta di cambiare le cose. Nella fragilità e nella lentezza si annida il virus della bellezza: a voi il compito di scoprirlo e di contagiarci tutti!

Dio vi benedica e buon cammino, insieme!

Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

Una risposta a "Siate lumache!"

  1. IN CAMMINO

    di Fausto Corsetti

    Con lentezza accadono le trasformazioni. Lentamente si compiono le impervie arrampicate. Si susseguono con lentezza i giorni di chi assapora domande importanti, si nutre di sguardi intensi, di desideri insaziabili, di viaggi coltivati a lungo nel segreto e nel desiderio.
    Viaggi, forse, lontano da quei treni chiamati “ad alta velocità”. Ne trattengo l’immagine: sedere comodamente, magari occupati ad affari importanti, e non distinguere altrettanto comodamente e facilmente persone e cose oltre quel grande finestrino.
    Lo sguardo stenta a fissare i dettagli: gli occhi possono guardare lontano, forse, meravigliarsi per le tante immagini che scorrono rapidamente e che il treno lascia dietro di sé. Ma non riescono a fissare i particolari, le piccole cose.
    Accade così, non di rado, nella vita, quando scopriamo nella quotidianità l’insipienza delle nostre corse, tutto il valore del cammino…
    Non è semplice il cammino, perché camminare significa avanzare a piccoli passi, passare dentro, non solo davanti, non solo oltre.
    Le mani possono così sfiorare e accarezzare le erbe più alte, e appoggiarsi sulle ruvide rocce che preparano lo spazio, la base, per il passo successivo.
    Gli occhi apprendono non solo a svelare dettagli capaci di stupire, ma possono finalmente sostare, adagiarsi sulle cose e aspettare di scivolare dentro al mistero che i piccoli dettagli custodiscono con memoria gelosa, seppure sempre disponibili a lasciarsi possedere, capaci di sorprendere, pronti ad iniziare chi lo desideri davvero verso il non evidente.
    Nel cammino, non c’è rapidità, ma gradualità. Non c’è eccesso, ma ricchezza. Non c’è conquista, ma stupore per quanto ancora resta da compiere, da intraprendere, da scoprire.
    Camminare è possedere tempo e spazio per sostare, per scendere dentro, per assaporare, persino ad occhi chiusi, sdraiati su un mondo vivace, fecondo, creativo, generoso, capace di stupire e di attrarre, senza trattenere o rapire. Il cammino non offre facili risposte, ma nuove domande, orizzonti inediti, stanze interiori inesplorate che possono dischiudersi solo con chiavi segrete, nascoste dentro il nostro animo..
    È tempo giusto, atteso, vissuto, custodito. Nel cammino nulla viene a caso, niente se ne va inutilmente. Si vive ogni passo, ogni parola, ogni inquietudine, ogni silenzio, ogni domanda: è la condizione privilegiata per chi conosce l’attesa e, di piú, per chi osa “fermarsi”.
    Amare le domande. Inconcepibile, per chi preferirebbe avere risposte, ricette, soluzioni, meglio se trovate da qualche altro.
    È tempo oggi: è questo il tempo per camminare, non piú per correre, per sostare e ritrovare finalmente sé stessi; per vivere di domande, ora, fino all’estremo giorno in cui ci sarà data, con sorpresa e gratuità, la Risposta.

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