XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO [clicca qui per leggere il Vangelo di oggi]
Oggi ci raggiunge una pagina evangelica che, nella sua ambientazione, sembra adatta al tempo estivo che stiamo vivendo. Si parla di rive, di mare (anche se in realtà è un lago), di barca, di folla. Gesù è seduto sulla spiaggia e, come tanti di noi, si ferma a guardare l’orizzonte, la vastità e allo stesso momento la tranquillità di quell’enorme distesa d’acqua. Aiutati dal ritmo delle onde, anche i pensieri vanno e vengono e riusciamo a scorgere la bellezza delle piccole cose. Quelle piccole cose che nelle parabole di Gesù acquistano un significato potente, pur conservando la loro semplicità. Una monetina, una spiga di grano, un passero, un grappolo d’uva, un ago, un seme. Tutte quelle piccole cose alle quali non badiamo, diventano per Gesù l’espediente per spiegarci qualcosa di più importante, di complesso e insieme straordinario.
Diciamoci la verità: oggi abbiamo perso il gusto per le piccole cose, né siamo più capaci di stupirci della semplicità. Se sei una persona semplice vieni visto quasi come un fallito, invece meno si capisce cosa fai nella vita più sei uno di successo.
Gesù oggi ci ricorda che Dio si fa trovare nelle piccole cose: ci ha creati con un soffio e ci parla nella leggera brezza del vento; è vicino ai piccoli, ai poveri, agli ultimi; lo trovi in una stretta di mano più che in un applauso ruffiano e fragoroso, in un sussurro più che in un grido di battaglia. Il nostro Dio è così. È un Dio delle piccole cose come recita il titolo di una canzone di Fabi, Silvestri e Gazzè.
«Perché a loro parli con parabole?» chiesero i discepoli a Gesù. Perché l’invito che, attraverso l’uso delle parabole, ci viene rivolto oggi è quello di tornare alla semplicità: nelle relazioni, nella comunicazione, nelle azioni, nei sentimenti. Oggi, invece, siamo come la generazione descritta da Isaia e ripresa da Gesù nel Vangelo: udiamo, sì, ma non comprendiamo, perché non ci informiamo davvero; guardiamo, sì, ma non vediamo perché tutto passa attraverso un display; il cuore di questo popolo è diventato insensibile a tante scene di morte e distruzione che passano all’ora di pranzo; siamo diventati duri di orecchi e abbiamo chiuso gli occhi, perché vediamo con gli occhi e ascoltiamo con gli orecchi degli altri, ma non comprendiamo con il nostro cuore! Con la scusa di semplificarci la vita ci hanno incatenato senza che ce ne accorgessimo.
Spesso si confonde la semplicità con la semplicioneria ma la genuina semplicità è naturalità, limpidità, chiarezza, schiettezza, franchezza. È sobrietà nel dire e nel fare, è purezza di spirito e, alla fine, è pace e gioia interiore. Ai nostri giorni sembra imperversare, da un lato, l’artificiosità e, d’altro lato, la superficialità che è solo una scimmiottatura della vera semplicità. Si ha, così, o il parlare oscuro e supponente o la chiacchiera e il vaniloquio. Invece la semplicità autentica è specchio di un’anima trasparente, nitida, serena che irradia attorno a sé la sua luce. Cerchiamo, quindi, di conquistare questa qualità dell’anima, che è simile alla luce del sole, all’aria, all’acqua, realtà semplici e immediate, ma guai a non averle!
D’altronde Dio non è per niente complicato: ama e basta. Siamo noi che siamo complicati da amare! Ma Lui non si scoraggia mai e, come il seminatore della parabola, continua a seminare, senza curarsi se il terreno è buono o roccioso, fertile o poco profondo. Lui semina, Lui ama, in abbondanza perché sa che prima o poi quel seme, quell’amore donato, porterà il suo frutto: dove il trenta, dove il sessanta e dove il cento. Sta a noi decidere di portare frutto, di essere terreno buono. Ognuno di noi sa quali sono le pietre o le spine che si porta dentro e che devono essere tolte affinché il seme, l’amore di Dio, possa arrivare nel profondo del cuore. Abbiamo tantissime complicazioni che ci impediscono di essere terreno fertile: i problemi in famiglia, a scuola, a lavoro, i problemi di salute e tanto altro. Ma ci sono pure delle complicazioni che abbiamo scelto se non addirittura creato noi. Tante volte non è stata la vita a complicarci le cose ma noi a complicarci la vita.
L’estate, oltre che un tempo di vacanza e anche un tempo di bilanci. Sediamoci anche noi in riva al mare come ha fatto Gesù e lasciamoci interrogare dalla semplice bellezza dell’orizzonte, dalla caparbietà delle onde, dalla maestosità del mare. Chiediamoci quali complessità ci impediscono di vedere il nostro orizzonte, impariamo la tenacia dalle onde e immergiamoci in quell’oceano d’amore che Dio ci dona continuamente.