La Quaresima ci chiama alla conversione del cuore. In realtà si potrebbe parlare più propriamente di una “inversione”. Una vera e propria inversione a U di quelle proibite dal codice della strada ma che a volte si rende necessaria per il rispetto della legge del cuore.
Il cammino quaresimale più che un viaggio di andata, si prefigura come un viaggio di ritorno. Di ritorno a Dio, di ritorno sui nostri passi, di ritorno in noi stessi, nel nostro cuore.
Un’immagine in modo particolare ha stimolato la mia riflessione.
Siamo abituati a vederla molto spesso camminando per le strade delle nostre città e forse, proprio perché è così familiare, non le diamo tanto peso. Sto parlando di un papà e un figlio piccolo che camminano per strada tenendosi per mano.
Sarà per deformazione professionale, ma quest’immagine, insieme alla citazione di Gioiele “Ritornate a me con tutto il cuore” (2,12), mi ha ricordato il modo in cui Dio si comporta con noi e noi con Lui.
Dio ci prende per mano lungo la strada della vita. E più dentro di noi siamo piccoli più ci affidiamo a quella mano grande che ci dona sicurezza, forza e fiducia.
Tutti abbiamo provato questa sensazione: se papà ci tiene la mano siamo invincibili, niente e nessuno potrà farci del male. Camminiamo accanto a lui. Né davanti, né dietro, ma accanto. Papà si ferma se siamo rimasti indietro e si preoccupa se corriamo troppo in avanti. Il prenderci per mano, a volte, diventa un trascinarci o un trattenerci. Sempre un salvarci.
Poi si cresce. Diventiamo adulti, dentro e fuori. A volte certe esperienze della vita ci fanno crescere più in fretta dentro che fuori. Abbiamo bisogno dei nostri spazi, della nostra autonomia. Mettiamo sempre di più il nostro ego al centro. La mano di papà diventa, allora, una mano che ostacola, rallenta, non capisce. Cominciamo a camminare da soli. E non perché adesso siamo grandi ed è giusto che sia così, ma perché abbiamo quasi vergogna di quella mano, delle sue carezze e del suo aiuto. Cerchiamo altri compagni strada. E non sempre ne troviamo di utili.
Dio è così.
Ci tende sempre la sua mano e da buon Padre non la ritrae mai. Anche quando l’allontaniamo con superbia o disprezzo. E quando cadiamo a causa della nostra fragilità, quando inciampiamo nel nostro egoismo, quando proviamo dolore, la sua mano è ancora lì, pronta a rialzarci, consolarci, asciugarci le lacrime ed abbracciarci. Ad indicarci una nuova vita.
“Ritornate a me con tutto il cuore”, ritorna, cioè, a fidarti di me, ad affidarti a me. Ritorna bambino.
E ritorniamo bambini ogni qual volta nostro Padre ci accarezza. Ci fa sentire la dolcezza di essere figli amati, da sempre.
Il tempo non sembra passato affatto e tu stai lì a passeggiare con Papà sul viale, e a chiederti perché le foglie sono cadute.