Testo della meditazione tenuta al Buongiorno a Maria di maggio 2022 sul tema: “La Chiesa, corpo di Cristo”.
Il “Buongiorno a Maria” è un breve momento di preghiera che accompagna, nei mesi di maggio ed ottobre, l’apertura del Quadro della Vergine del Santo Rosario di Pompei ogni mattina alle 6.30. Si medita sulla Parola di Dio a partire da una tematica specifica e si prega una decina del Rosario prima di affidarsi alla Vergine per mezzo della preghiera detta “Piccola Supplica”. Il tutto dura circa 30 minuti ed è anche trasmesso in diretta su TV2000.
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. […] Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
SAN PAOLO AI CORINZI (1Cor 12,12-13.27-31)

Diversi ma uniti
Carissimi amici, nel dare oggi il nostro buongiorno alla Vergine Maria siamo chiamati a riflettere sulla Chiesa come corpo di Cristo.
Spesso si usa l’immagine del corpo quando si vuole evidenziare come gli elementi che compongono una realtà siano così strettamente uniti l’uno all’altro tanto da formare una cosa sola. A partire dall’apostolo Paolo, questa espressione è stata applicata alla Chiesa ed è stata riconosciuta come il suo tratto distintivo più profondo e più bello. Oggi, allora, vogliamo chiederci: in che senso la Chiesa forma un corpo? E perché viene definita «corpo di Cristo»?
Nel Libro di Ezechiele, al capitolo 37, viene descritta una visione un po’ particolare, quasi impressionante ma comunque capace di farci capire come la Chiesa è corpo. Dio mostra al profeta una distesa di ossa, distaccate l’una dall’altra e inaridite. Immaginate un’intera pianura piena di ossa. Uno scenario desolante. Dio, allora, chiede ad Ezechiele di invocare su di loro lo Spirito. A quel punto, le ossa si muovono, cominciano ad avvicinarsi e ad unirsi, su di loro crescono prima i nervi, poi la carne e si forma così un corpo, completo e pieno di vita (cfr. Ez 37,1-14). Ecco, questa è la Chiesa! Un capolavoro dello Spirito, il quale infonde in ciascuno la vita nuova del Risorto e ci pone l’uno accanto all’altro, l’uno a servizio e a sostegno dell’altro, facendo così di tutti noi un corpo solo, edificato nella comunione e nell’amore.
La Chiesa, però, non è solamente un corpo edificato nello Spirito: la Chiesa, abbiamo detto, è il corpo di Cristo. Non si tratta semplicemente di un modo di dire: lo siamo davvero! È il grande dono che riceviamo il giorno del nostro Battesimo. Nel sacramento del Battesimo, infatti, Cristo ci fa suoi, accogliendoci nel cuore del mistero della croce, il mistero supremo del suo amore per noi, per farci poi risorgere con lui, come nuove creature. Ecco: così nasce la Chiesa e così la Chiesa si riconosce corpo di Cristo! Il Battesimo costituisce una vera rinascita, che ci rigenera in Cristo, ci rende parte di lui e ci unisce intimamente tra di noi, come membra dello stesso corpo di cui lui, Cristo, è il capo (cfr Rm 12,5; 1 Cor 12,12-13).
Quella che ne scaturisce, allora, è una profonda comunione d’amore. In questo senso è illuminante quello che Paolo dice: «Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo» (1Cor 12,12). Dovremmo ricordarci più spesso di quello che siamo, di che cosa ha fatto di noi il Signore Gesù: siamo il suo corpo, quel corpo che niente e nessuno può più strappare da lui e che egli ricopre di tutta la sua passione e di tutto il suo amore.
Questo pensiero, però, deve anche far sorgere in noi il desiderio di corrispondere al Signore Gesù e di condividere il suo amore tra di noi, come membra vive del suo stesso corpo. Al tempo di Paolo, la comunità di Corinto trovava molte difficoltà in tal senso, vivendo, come spesso accade anche noi, l’esperienza delle divisioni, delle invidie, delle incomprensioni e dell’emarginazione. Tutte queste cose invece che edificare e far crescere la Chiesa come corpo di Cristo, la frantumano in tante parti, la smembrano. Il cammino sinodale serve anche a ricordare che la Chiesa è un corpo che cammina tutto insieme, unito a Cristo. Un corpo che deve abbandonare la logica secondo la quale alcune membra si ritengono più importanti delle altre, più degne o più vitali. Pensiamo alle nostre comunità cristiane, pensiamo alle nostre famiglie: quante divisioni, quante invidie, quante rivalità e gelosie. Questo comporta che ci smembriamo. Più che un corpo unico che cammina in Cristo, ritorniamo ad essere come quelle ossa slegate di cui parlavamo all’inizio.
L’apostolo Paolo, invece, mette in risalto l’unità e nello stesso tempo la molteplicità che è propria della Chiesa. Siamo diversi, ognuno con la sua storia e i suoi carismi ma la preghiera di Gesù è: «che tutti siano uno» (Gv 17,21). Il corpo è l’organismo che, in quanto tale, esprime meglio la necessità di cooperazione tra i singoli organi e membri, ed è stato così composto «perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra del corpo avessero cura le une delle altre» (1Cor 12,25), dalla più rilevante alla meno considerata. Allora il cuore è importante ma se l’unghia del piede è incarnita tutto il corpo prova dolore e si affatica. Così dunque se c’è un solo membro in difficoltà tutta la Chiesa ne risente. Per questo motivo la Chiesa non può privilegiare una sua parte a discapito di un’altra né quelli che hanno un ruolo rilevante all’interno della Chiesa possono pensare di bastare a se stessi. Il consiglio che l’apostolo Paolo dà ai Corinzi vale anche per noi oggi: «Desiderate invece intensamente i carismi più grandi», non reputatevi superiori agli altri. Quanta gente si sente superiore agli altri e anche noi tante volte diciamo come quel fariseo della parabola: “Ti ringrazio Signore perché non sono come quello, io sono superiore”. Invece è nella carità che impariamo l’umiltà di considerarci membra gli uni degli altri, che vivono e si donano a beneficio di tutti.
In questo abbiamo ancora tanto da imparare e oggi non potremmo concludere meglio questa riflessione che volgendo lo sguardo verso Maria per contemplare in lei ciò che la Chiesa è nel suo mistero. Infatti, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, la Vergine Maria è riconosciuta come la «Madre delle membra (di Cristo), […] perché ha cooperato con la sua carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa» (LG 53). Con il suo libero sì alla volontà di Dio, Maria ha dato un corpo al Cristo ed è diventata immagine e primizia della Chiesa intimamente unita al suo Signore.
Alla Vergine del Santo Rosario di Pompei affidiamo oggi tutte le divisioni e le lacerazioni che ci portiamo nel cuore e quelle che affliggono il mondo. Possa Maria aiutarci a vivere davvero come corpo di Cristo, uniti a Lui e fra di noi. Che terminino le lotte fratricide, le disgregazioni familiari, le gelosie e le contese. Così come ci prendiamo cura del nostro corpo, ritorniamo nuovamente a prenderci cura gli uni degli altri. E così sia.
