– COMMENTO AL VANGELO DELLA XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO /C –

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

VANGELO DI LUCA (12,49-53)

La speranza divampa!

In questi giorni caldi d’agosto, sembra che ci si metta pure Gesù ad alzare le temperature. Oggi si parla di un fuoco acceso e di climi roventi a causa di divisioni e di lotte uno contro l’altro. Più che una parola evangelica sembra di ascoltare una dichiarazione di guerra!

Che fine ha fatto quel Gesù così innamorato dell’umanità, così attento agli ultimi, così delicato con le donne e gioioso con i bambini, così misericordioso verso i peccatori?
Qualcosa non torna… credo che per capirci di più dobbiamo tornare al fuoco. Di che fuoco parla Gesù e perché è deluso di non averlo trovato già acceso sulla terra?
Il fuoco, fra le tante cose, indica anche passione che, in questo caso, dobbiamo intendere sia nella sua accezione di dolore (non a caso Gesù accenna al compimento della sua missione), sia nel suo significato di piacere, di entusiasmo, di convinzione in quello che si crede. Ecco, allora, che quel fuoco da accendere è la passione per il Vangelo! E quando dico passione per il Vangelo mi riferisco alla passione per la verità, per la giustizia, per la carità, per il perdono, per l’uguaglianza, per la misericordia. Quando cominciamo a farci prendere dal fuoco del Vangelo in questo senso, allora comincia anche l’altro tipo di passione: iniziano le incomprensioni, le difficoltà, le divisioni, veniamo esclusi o etichettati come bigotti, o, peggio ancora, come fanatici.

Troppe volte quell’incendio che dovrebbe bruciare il cuore del mondo viene spento da tanti cristiani pompieri che preferiscono una fede frigida, anestetizzata, che non provoca, che non distolga troppo dallo stile mondano. Invece, il fuoco che Gesù vuole accendere serve a fare luce nell’intimo del cuore, a sciogliere ciò che è (ag)ghiacciato, a piegare ciò che è rigido e a raddrizzare ciò che si è piegato al peccato. Un fuoco che dovrebbe trasmettersi di cuore in cuore per raggiungere i luoghi più lontani, le periferie dell’esistenza umana e gli spazi bui della vita. Un po’ come, permettermi la metafora da nerd, l’accensione dei fuochi di Amon Din per riunire le forze del bene contro il nemico oscuro ne “Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re”. In quell’occasione Gandalf dirà: «La speranza divampa!».

Chiediamoci oggi se nella nostra vita parliamo di Gesù; se lo testimoniamo con le nostre azioni; se lo difendiamo o ne discutiamo a lavoro, in casa, a scuola, per le strade della nostra città. Oppure se abbiamo circoscritto l’incendio solo alle nostre chiese, al catechismo, agli incontri parrocchiali. Dovremmo essere dei piromani della fede, ma spesso ci limitiamo solo ad accendere una candela.

Scriveva Leonardo Sciascia: «Io mi aspetto che i cristiani qualche volta accarezzino il mondo in contropelo», e io mi permetto di parafrasare, in controvento, come il fuoco più difficile da spegnere.
Cristiani che, appassionati del Vangelo, non si piegano ai potenti di turno, non si lasciano imbavagliare dalla cultura dominante ma restano ritti come fiaccole che ardono nel buio.
Come luce per chi ha perso la strada.
Come fuoco che scalda l’anima di chi ha il gelo dentro.

Buon cammino, insieme.

Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

7 risposte a "La speranza divampa!"

  1. Don Ivan, faccio un intrusione se la tollererà, perché sono Musulmano e non Cristano.
    In altro vangelo è scritto, “sono venuto a portare la spada, non la pace”, credo con poco dubbio siano le stesse parole tramandate in modo differente. Ma in questo caso rende meglio l’idea del combattimento, a ciò serve la spada, ma serve anche a dividere la famiglia o affetti terreni dal combattimento interiore per raggiungere l’Eterno. La divisione è anche in risposta a ciò che è scritto su Genesi (le colpe dei padri…) sividendo il figlio dal padre, è più facile che queste colpe nin vengano rinforzate nella famiglia (ma credo sia un aspetto minore dell’indicazione di Gesù). Ma di fatto il combattimento interiore verso i vizi, verso i sensi, è ciò che porta luce a cui l’ego si oppone, e quindi accresce la fede e con essa il buon comportamento nella società.
    Lei a giustamente sottolineato che i fedeli devono avere più “passione” divina, ma oggi giorno è difficile e solo con una giusto e reiterato sforzo ci si può arrivare, quello che la gente tutta deve avere è disciplina.
    Ora arriva la parte che potrebbe infastidirla, ed ovviamente potrebbe sembrarle poco, obiettiva da parte mia; la disciplina oggi giorno è solo nell’islam e minormente nelle dottrine Cristiane ed Ebraiche ortodosse, non è più nel cattolicesimo.
    Senza un adeguata disciplina, che deve prevedere atte zione spirituale 7 giorni su 7 e non 1 su 7, e deve prevedere digiuno dai sensi (possibilmente totale, non solo da cibo o peggio dalle sole carni) perché è il modo migliore per piegare l’ego e quindi far entrare maggiore luce. Se si vuole fedeli più attenti, bisogna chiedergli di più.
    Il battesimo di cui Gesù parla, ho la presunzione di dire che si tratti del Bayat islamico, che è la religione scesa con Adamo, Abramo, Mosè e Gesù ma completata da Mohammed (pace su tutti loro), se è onesto con se stesso, dovrà ammettere che nell’Islam soltanto è rimasta la vera disciplina, anche se oramai molte persone dei paesi islamici, se ne stanno sfilando.
    Con rispetto, Mikahel.

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    1. Ciao Mikahel, innanzitutto grazie per il tuo commento e la tua riflessione. Mi fa sempre piacere confrontarmi, soprattutto con chi ha un credo diverso dal mio. Sono in parte d’accordo con la tua accurata riflessione, soprattutto quando dici che bisogna essere credenti sempre, tutti i giorni e non solo in quelli “comandati”. C’è un certo lassismo nella vita spirituale di molti e il credo corre il rischio di trasformarsi in credenza: una manifestazione esteriore del proprio sentire religioso fatta di segni e rituali che però non intaccano minimamente l’agire quotidiano. Lo scollamento fra fede e vita appartiene a tutte le religioni visto che non possiamo dire, con oggettività, che chi segue un credo specifico sia migliore degli altri o non si macchi degli stessi errori che commettono i fedeli di un’altra religione. Per questo motivo la disciplina che tu richiamavi può essere utile solo se coinvolge l’interiorità del credente e non diventa, invece, un’abitudine o, peggio ancora, un mero rispetto di una norma che sancisce un’appartenenza attraverso una manifestazione esteriore. In questo caso Gesù, in più passi del Vangelo, mette in guardia dal pericolo di essere farisaici e ricorda che “il sabato è stato creato per l’uomo e non l’uomo per il sabato”. Ad indicare che se la legge non è per l’uomo, cioè non aiuta quest’ultimo a crescere interiormente, diventa soltanto una schiavitù. Allora va bene la disciplina quando, però, questa è a servizio dell’uomo e non viceversa. E in questo, penso, possiamo tutti trovare un punto di incontro.
      Un abbraccio!

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      1. Ciò che fa diventare un uomo schiavo dei gesti non è la legge, ma la mancata comprensione di questa.
        Oggi molti musulmani , soprattutto nei paesi islamici, non praticano bene per via del non comprendere più il perché del sacrificio (le madrasse le hanno chiuse a favore di scuole private laiche).
        Invece mio padre non pratica alcun sacrificio (da cattolico) perché il suo vate (il prete della sua parrocchia) gli dice che Gesù è amore, non schiavitù [della legge], così mio padre confonde le richieste dell’ego per amore/libertà .
        Il digiuno, io, l’ho conosciuto bene perché nell’islam tradizionale e con le giuste persone (maestri) è ben spiegato, e coloro che lo praticano senza averne colto i segreti beneficiano comunque della pratica, che agendo sulla parte animalesca dell’uomo, indebolendola, rafforzano lo spirito e quindi il controllo di questo negli aspetti di ogni giorno.
        Gesù rispettava le leggi fino in fondo, se avesse voluto far passare il messaggio che non sono importanti, non le avrebbe seguite anche lui.
        Ecco perché Gesù dice di tornare con la spada e non per la pace, non vuole pace interiore, ma vuole che ognuno combatta la propria anima bassa, quella parte che tende al comando vile, alla avarizia, al vizio, alla perversione, alla cupidigia, alla pigrizia etc…
        Questo è il messaggio che porta, noi abbiamo il dovere di riportarlo per quello che è, e farlo comprendere a coloro [tra i fedeli] che hanno Vere intenzioni.
        Un abbraccio a lei.

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      2. Gesù ha sempre rispettato la legge. Lui stesso ha detto di non essere venuto per abrogarla ma per dare alla legge pieno compimento. Il pieno compimento si manifesta nel suo sacrificio per amore dell’umanità. Tutti noi abbiamo il dovere di combattere la parte peggiore di noi, ma il cristiano sa che deve farlo proprio in virtù del sacrificio di Cristo. A sua volta trova nell’amore che la croce emana la forza necessaria per cambiare e continuare a migliorare la sua e altrui vita. Rispettare la legge non deve essere fine a se stesso ma sempre orientato al bene.

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      3. Non discuto sul credo, ognuno va nella direzione che vede, ma della necessità di rispettare la legge.
        La legge viene da Dio/Allah, se si discute allora si discute Dio. Non bisogna esserne dei fanatici proprio perché si rischia di imporre il proprio punto di vista ad altri o anche solo a se stessi, ma viceversa non bisogna far comprendere che si possa saltare la legge.
        Ma io non parlo propriamente delle leggi mosaiche, io parlo dell’esempio di Cristo, ovvero del digiunare come faceva lui, del pregare come faceva lui e del suo comportamento in generale. L’esempio è evidentemente necessario a mostrare la via, la verità. Lui si è astenuto per 40 giorni dal cibo e dalla presenza nel mondo, questo dovrebbe essere legge anche per un Cristiano.
        Quando ero piccolo ancora vi era una parte di digiuni da rispettare, anche se molto blandi (non sufficenti), ma davano l’idea di un sacrificio, di un appuntamento sacro, sacrificio dei sensi che innalza virtù spirituale, oggi non c’è più nulla e nessuno ne parla, quindi come si fa a pretendere che i seguaci, seguano?
        Lei mi dice che non deve essere fine a se stesso, ma un fedele che va in chiesa solo per mostrarsi non lo si aiuta se gli si fa saltafe i digiuni prescritti, ma viceversa se anche fosse ipocrita meglio farglieli fare, perché comunque vanno nella direzione di aiutarlo a controllare il suo ego.
        Con rispetto, Mikahel.

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      4. Caro Mikahel, i cristiani, sull’esempio di Gesù, osservano il digiuno e l’astinenza dalle carni nel tempo quaresimale e ogni qual volta lo ritengono opportuno come esercizio utile a rafforzare la loro vita e crescita spirituale. In diverse occasioni, poi, il Papa chiede una giornata di preghiera e di digiuno mentre in altri periodi dell’anno ci si astiene dal mangiare qualcosa, in particolare attraverso la pratica del cosiddetto “fioretto”. Quindi dire che non se ne parli o che non si pratichi più è un po’ azzardato. Credo sia importante, però, che certi gesti vengano fatti con consapevolezza e non per tradizione, onde evitare il discorso che già facevamo prima sull’osservanza esteriore della norma. Resta ovviamente alla coscienza di ognuno come vivere il digiuno e come seguire le prescrizioni della Chiesa, ma quest’ultima, da sempre, cerca di aiutare la comprensione di tali pratiche affinché queste possano davvero aiutare il fedele nella sua crescita umana, spirituale e morale, così da non viverle solo come imposizioni.

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      5. Nella religione non c’è compulsione o forzatura, questo recita il Corano ma spesso ce se ne dimentica.
        Si, io ovviamente parlavo del digiuno totale, non delle sole carni, quindi anche letture non sacre, tv, vaniloqui e acqua; tutto ciò dal momento che ho iniziato a praticarlo mi ha reso più calmo, e conferito maggiore controllo di me stesso. Ovviamente l’ego dirà semore di no, cerca di convincermi che non è necessario, ma vinta una battaglia due e tre, l’ego si sottomette.
        Ma se uno ripete a se stesso, perché devo forzarmi, perché nin essere libere, la religione è gioia non sacrificio, allora non scoprirà mai i fondamenti della vera religione ne dare seguimento alle parole “son venuto a portare spada…”
        Con rispetto, Mikahel.

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