XVII Domenica del Tempo ordinario (clicca qui per leggere il Vangelo di oggi)
Tutti noi da piccoli abbiamo partecipato, almeno una volta, ad una caccia al tesoro. Ci siamo sempre divertiti perché fondamentalmente il ricercare appartiene al nostro essere umani; siamo sempre, continuamente alla ricerca di qualche cosa.
Per giocare ci veniva data una mappa con una X, c’erano indizi da scoprire, da capire, prove da superare e, pur di raggiungere per primi il tesoro, non ci facevamo tanti problemi sul dove ci portava la mappa, sulle difficoltà del percorso o su quello che dovevamo affrontare. Non chiedevamo prima cosa ci aspettava dopo, l’importante era raggiungere la X e trovare il tesoro.
Questo da piccoli. Poi cos’è successo? Siamo cresciuti, sempre con la voglia di cercare qualcosa, ma senza quella spensieratezza che avevamo da piccoli. Non sempre ci è stata consegnata una mappa chiara, né tantomeno abbiamo ricevuto degli indizi semplici da capire. La vita, tante volte, si è divertita a cambiare la mappa a gioco iniziato, a spostare la X e a sostituire il vero tesoro con uno specchietto per le allodole. Quante volte abbiamo pensato di uscire dalla caccia, di smettere di cercare. Ma non possiamo, perché come ho già detto, siamo dei cercatori innati.
Cos’è che cerchiamo più di tutto oggi? Qual è il tesoro che desideriamo possedere?
Credo che la cosa che più ricerchiamo sia la felicità. E Gesù con le parabole che ci affida oggi nel Vangelo, ci dà un indizio fondamentale per raggiungere la X. Vuoi vedere che se non riusciamo a trovare il tesoro, la felicità, è perché sbagliamo a cercare?
Spesso cerchiamo fuori quello che in realtà abbiamo già dentro di noi, solo che non riusciamo a vederlo. È il caso di quest’uomo che passando, vede un campo e si accorge che al suo interno è nascosto un tesoro. Ora mi domando: quanta gente sarà passata accanto a quel campo? Come mai nessuno si è accorto del tesoro? L’uomo della parabola ha qualcosa di speciale: è capace, evidentemente, di guardare oltre i rovi, oltre le erbacce, oltre tutto ciò che rende quel terreno incolto e privo di interesse ad un occhio distratto. Quest’uomo vede oltre. Gesù, già Domenica scorsa, ci aveva insegnato che Dio ha la capacità di distinguere fra il grano e la zizzania e che preferisce salvare e ripartire dal bene che abbiamo dentro e non dal male che abbiamo fatto. Anche oggi, amici miei, Gesù ci sta dicendo di guardare bene dentro la nostra vita, il nostro cuore: guarda bene dentro di te, cerca di andare oltre ai rovi, alle sterpaglie, ai sassi, oltre le difficoltà, oltre quello che ti ha reso impenetrabile ai tuoi occhi o agli occhi di chi ti vuole bene. Vai oltre le delusioni, vai oltre le ferite, vai oltre quel muro che hai innalzato intorno al cuore per paura di essere attaccato, ferito, per paura di soffrire di nuovo.
Se ci guardiamo dentro come Dio guarda dentro ciascuno di noi, allora saremo molto più vicini alla X di quanto crediamo. Perché il tesoro è custodito dentro di noi. La felicità ce la portiamo dentro, da sempre. E la felicità vale tutto quello che abbiamo. Sia l’uomo che il mercante della parabola successiva, vendono tutto quello che hanno ma non perdono niente. Hanno capito che l’unica cosa importante è essere sempre ricchi di felicità.
Ma quale felicità? C’è sempre il rischio di incappare in un falso tesoro. Quello che noi ricerchiamo, ma già possediamo, è la gioia di sapersi amati e di donare amore. È quella felicità che non scaturisce dal possedere sempre di più ma dal donare tutto. E donare tutto, non significa solo essere generosi, ma significa sgombrare il campo da tutto quello che ci impedisce di vedere il tesoro. Ci portiamo dentro tante cose inutili, che ci appesantiscono anche se ci danno l’illusione di essere indispensabili per stare bene, per essere felici.
E invece il tesoro è ben altro: non vi aspettate qualcosa che luccica, non vi aspettate qualcosa che secondo il giudizio del mondo è certamente un tesoro. Felicità non significa fare la bella vita ma fare bella la vita. Felicità non è l’assenza di problemi o di difficoltà ma è come la perla che si forma quando un corpo estraneo entra nell’ostrica irritandola: la perla è una ferita guarita, per cui una cosa diventa davvero preziosa quando prima è passata per una sofferenza.
Non lasciatevi ingannare dai tanti venditori di felicità e non dimenticate che insieme con voi, gioca anche la squadra avversaria. Il nostro Nemico è abilissimo a confondere le idee, a creare falsi tesori. Voi, invece, cercate il vostro tesoro fra le piccole cose che portate avanti nel quotidiano e che tante volte non apprezzate come un vero e proprio tesoro. Corriamo il rischio di passarci accanto tutti i giorni e di non accorgerci del tesoro custodito nel campo.
Se si cominciano a seguire queste regole, alla fine della caccia vincono il gioco tutti quelli che la mattina si alzano nell’umiltà per affrontare la vita e, nonostante tutti i problemi decidono di andare avanti; vincono quelli che pur avendo tante lacrime da spendere, continuano a donare un sorriso agli altri; vincono quelli che credono nei loro sogni anche quando tutti li scoraggiano; vincono quelli che sanno dare un giusto valore a un “ti voglio bene” e ti salvano con un abbraccio; vincono quelli che non pretendono di essere ascoltati ma sanno ascoltare; vincono quelli che sanno dire scusa e sanno perdonare. E alla fine vincono quelli che, al termine di una giornata sanno ringraziare il Signore per il tesoro più grande che abbiamo: la vita.
Buon cammino, insieme.