SANTISSIMA TRINITÀ /A

L’odierna solennità della Santissima Trinità ci invita ad entrare nella profondità di Dio. È sempre complicato approfondire l’interiorità di un uomo, conoscere quello che si porta in fondo al cuore, figuriamoci entrare nell’intimità di Dio!

Non a caso, forse, il dogma della Trinità, è uno dei più complicati da spiegare ai nostri bambini, ma tante volte – diciamoci la verità – anche a noi stessi. Perché, come tutte le cose difficili, ci sembra un dogma lontano, che non tocca la vita o, quanto meno, non riusciamo ad afferrare subito come possa incidere nelle azioni di tutti i giorni.

Sapere che Dio è uno ed è trino cosa vuol dire per la mia fede e per la mia vita?

Se accettiamo questo invito di oggi ad entrare in Dio, ci accorgiamo subito di una cosa: noi crediamo in un solo Dio ma non in un Dio solo! Dio non è solo ma è comunione, reciprocità, scambio, incontro, famiglia, festa. In una sola parola Dio è amore. E l’amore non è mai solitudine, ma sempre relazione.

Se amiamo per noi stessi è egoismo; se amiamo noi stessi è vanità, in entrambi i casi non è mai vero amore. L’amore vero nasce sempre dalla relazione e in relazione a qualcun altro. La relazione fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo è così la sorgente dell’amore autentico. Per capire davvero cosi sia l’amore dobbiamo rifarci per forza alla Trinità, della quale l’uomo è immagine e somiglianza. Quando in principio Dio dice: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza», l’immagine di cui parla non è solo quella del Creatore o dello Spirito o del Verbo eterno di Dio, ma è tutte queste realtà insieme. La relazione, perciò, è il cuore dell’essenza di Dio e dell’uomo. Ecco perché quando amiamo o troviamo amicizia stiamo così bene, perché è secondo la nostra vocazione, mentre la solitudine ci pesa e ci fa paura, perché è contro la nostra natura.

Non siamo stati creati per stare da soli, né per salvarci da soli, ma per vivere e salvarci insieme. Per questo motivo, oggi, un pensiero va a tutte quelle persone che, per un motivo o per un altro, soffrono il dramma della solitudine: agli anziani parcheggiati nelle case di riposo o delegati alle cure di una badante piuttosto che della famiglia, agli ammalati, e, in modo particolare quelli oncologici, verso i quali tante volte proviamo un senso di disagio perché non sappiamo né che dire né che fare, e allora preferiamo allontanarci. Un pensiero va anche a tutte quelle persone che non hanno più il loro coniuge accanto e che crescono da soli i figli oppure che non hanno figli che badino a loro.
Ma c’è anche una solitudine di tipo interiore: c’è chi pur avendo una vita affollata di persone, non riesce a capire il proprio posto nel mondo, si sente incompreso, sottovalutato, ignorato. In questo caso la solitudine è sofferenza maledetta perché si ha il sentimento di contar niente per nessuno. Questa è la condizione di tanti giovani – e meno giovani – che vivono il disagio della solitudine legato alla mancanza di speranza e all’assenza di relazioni autentiche.

Ebbene, per tutti i soli, per quelli che pensano di esserlo o davvero lo sono, oggi arriva dal Vangelo una parola straordinaria: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio». Cioè Dio ci ama e per questo dà a tutti noi Gesù. Si tratta di un modo bellissimo di Dio per dirci che, in virtù di questo rapporto di relazione che esiste nella Trinità, Lui non può fare a meno di me, di te, di noi tutti. Per questo ci viene dato il Figlio affinché ogni uomo possa imparare a vivere lo stesso amore, che è sempre dono e mai pretesa, è un dare e mai un esigere. Attraverso il dono di Gesù siamo invitati a uscire da noi stessi, a prendere il largo, stabilire relazioni profonde, essere uomini e donne di comunione perché nessuno di noi è un’isola. Dobbiamo perciò mettere in secondo piano tutto ciò che ci divide ed esaltare ciò che ci unisce, perché è questa la missione che Gesù ha ricevuto dal Padre: fare in modo che nessuno sia condannato ma tutti abbiano la vita eterna, tutti conoscano l’amore vero.

E per fare in modo che questo accada ogni giorno, abbiamo ricevuto un altro dono: lo Spirito Santo. Grazie allo Spirito non siamo mai soli, perché dice il Signore: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»; ma soprattutto possiamo imparare dallo Spirito ad amare come Dio ci ama, nel nostro piccolo, ovviamente con le nostre fragilità, ma sentendoci sempre abbracciati dall’amore della Santissima Trinità, lo stesso abbraccio che raffiguriamo ogni volta che ci segniamo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!

Buon cammino, insieme.

 

Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

Una risposta a "Un solo Dio ma non un Dio solo"

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