VIII Domenica del Tempo ordinario/A

L’altra sera sono stato a casa di un amico con il quale sono cresciuto. Ora è sposato e ha una bellissima bambina. Mentre lavoravamo ad un progetto, ho notato che aveva un occhio sul computer e un occhio sempre sulla figlia. È lo strabismo tipico dei genitori, pronti ad intervenire nel caso in cui ci dovesse essere bisogno di loro. Ed è anche lo stesso atteggiamento che Dio ha nei nostri confronti. Isaia, infatti, ci ha ricordato che

si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai. (Is 49,15)

Questa tenerezza di Dio non è per niente diversa da quelle delle nostre mamme e dei nostri papà impegnati a dimostrarci affetto, premura e protezione. E anche quando ormai siamo adulti e vaccinati, restiamo sempre i loro piccoli ometti e signorine. Credo che, con la Quaresima alle porte, riprendere questa idea di essere e farsi piccoli possa essere l’atteggiamento giusto per riscoprirci figli amati da Dio.

Avere la fede dei piccoli non vuol dire essere dei cristiani ingenui o infantili, ma avere la consapevolezza di dipendere in tutto dal Padre. Il bambino si affida completamente a colui che gli ha donato la vita. Cerca la sua mano, non fa un passo senza tenerla stretta perché stare con la mano nella mano di chi ci ama ti fa sentire protetto da tutto quello che non conosci, dà un senso alle cose che hai intorno e hai sempre la possibilità di essere rialzato qualora cadessi nelle trappole della vita.

Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? (Mt 6,25).

Il bambino non si fa problemi: è sicuro che sarà nutrito, vestito e accudito. Si fida che ogni suo bisogno sarà gestito al meglio e che tutto, anche quello che gli viene negato, ha come motivazione di fondo il suo bene, anche se non lo capisce subito. Guai a tradire la fiducia dei bambini! Non fategli una promessa che già sapete di non essere in grado di mantenere. Dio non ci ha mai deluso, nonostante in più occasioni siamo stati noi a deludere lui. Ma la delusione fa parte dell’essere padre, dell’essere madre. Non sempre le cose vanno come ce le eravamo immaginate, ma sappiamo che ci sarà sempre chi si fiderà di noi. Dio è fedele alle sue promesse (At 13,23) e non ci farà mancare il suo immenso amore di Padre.

Infine il bambino si stupisce di tutto perché tutto è una novità. Sa guardare con meraviglia tutto quello che lo circonda, dalla più piccola cosa a quella più complessa. Non si abitua facilmente ad un tramonto, alla forma delle nuvole, alle fusa di un gatto, al cinguettio di un uccello o alla bellezza di un fiore. Cose molto più realistiche degli aggeggi digitali che da subito gli mettiamo fra le mani per tenerli buoni. Il bambino confida nel mondo e in chi gli sta intorno, ne riesce a vedere il lato positivo e lo sa distinguere nettamente da quello negativo, perché mamma e papà gli hanno detto che questo e quello non si fa.

Quanta santa invidia per la spensieratezza dei bambini!

L’invito che oggi – e più volte – ci viene fatto nel Vangelo è a essere come i piccoli, come i semplici, come gli uccelli del cielo e i gigli del campo. Ad essere, cioè, come quelli che non si affannano. Chi è che si affanna? Quelli che corrono. Quelli che corrono sempre, che corrono senza una meta precisa oppure corrono verso una meta che desiderano ma che non raggiungono mai. Allora corrono di più e alla fine diventa un correre per correre, perché la meta è sempre più lontana, ma ormai non sanno fare altro che correre. Siamo stati ingabbiati in un sistema in cui dobbiamo affannarci per forza: dobbiamo essere sempre i primi; dobbiamo guadagnare sempre di più; dobbiamo essere sempre alla moda; dobbiamo sempre dire la nostra; dobbiamo essere veloci. La velocità è il nuovo mantra dell’era moderna: connessione veloce, viaggi veloci, guadagni veloce. La velocità, però, è sempre asservita all’idolo antico: mammona, il denaro.

Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.

Quanto della nostra vita sacrifichiamo al dio mammona?

Grazie ad Isaia, oggi abbiamo scoperto che Dio è mamma ma, troppe volte, abbiamo mammona come Dio. Quando è successo? Rifletti: quando sei passato dal bambino che si fidava, affidava e confidava negli altri all’adulto che si fida, affida e confida solo nelle sue capacità e nelle sue ricchezze? Non si tratta di una crescita anagrafica ma di uno stato interiore. Possiamo avere i cappelli bianchi ma conservare un cuore da fanciullino alla maniera di Pascoli.

Non affannarti per tante cose, una sola è la cosa necessaria (cfr Lc 10,38-42): stare in compagnia di Gesù, stare in compagnia di chi dà il giusto valore alla tua vita. La Quaresima che ci prepariamo a vivere è un’occasione per ridare un senso alle cose. Non correre dietro ad ogni cosa ma goditi quello che hai: la famiglia, il sorriso di chi ti ama, la carezza di un anziano, una risata con un amico, una lacrima raccolta, la soddisfazione di veder crescere i tuoi figli.

E lo so che oggi ci sono tanti affanni e che non sempre è facile vivere come da bambino ma almeno evitati le corse inutili, quelle che non hanno nessun traguardo. Non affannarti per il conto in banca ma metti in conto di amare e di essere amato, di perdonare e di essere perdonato, di donare e di vivere la vita vita come un dono.

Dio c’è e non sei tu. Rilassati.

Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.

Vivi da figlio di mamma e non di mammona.

Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

2 risposte a "Bello di mamma o di mammona?"

  1. Da oggi, questo passo del Vangelo che mi “perseguita” da 3 anni, ossia da quando ho perso la “sicurezza” di un lavoro e, strada facendo, anche la “sicurezza” in altre cose in cui confidavo, inizia ad avere un senso, per me. Vivo meglio, senza più troppo affanno. Cerco di godermi il presente con tutto quello che porta, compresi i dolori e le difficoltà. Che sia la volta buona in cui sto iniziando a fidarmi veramente di Dio e lasciare fare alla sua Provvidenza? 😊 buona domenica, don Ivan.

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