IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO/A

C’è sempre un monte. Ogni volta che Dio ha bisogno di dirci qualcosa di veramente importante, ci porta sempre in alto. In fondo è quello che desidera per ciascuno di noi: portarci in Alto. Sia per la consegna delle dieci parole, sia per le Beatitudini, a fare da sfondo c’è sempre un monte. Stare in alto ci permette di vedere bene: a volte abbiamo bisogno di elevarci, di metterci in disparte anche da noi stessi, per dare il giusto valore alle cose e alle persone che fanno parte della nostra vita.

Gesù fa così con i suoi discepoli. Sale sul monte e, in disparte, parla ai suoi discepoli, a ciascuno di noi, consegnandoci un segreto: come essere davvero felici! Quel beati voi che oggi si ripete tante volte, non è altro che la volontà di Dio di saperci felici. Dio ci vuole beati, si preoccupa della nostra felicità da sempre, fin da quando ha creato un mondo bellissimo dove farci stare insieme con le persone che amiamo. La prima cosa che ci insegnano le beatitudini, allora, è che Dio ci vuole felici. Abbandoniamo quell’idea di un Dio che ci vuole tristi, che ci manda le croci e che ci punisce con le malattie. Dio vuole vedere il tuo sorriso, perché non c’è cosa più bella per un Padre che vedere il figlio sorridere.

Ma da buon Padre, Dio ci insegna la felicità autentica. La felicità è certamente il desiderio di ogni uomo, e per questo oggi ognuno, in modo o in un altro, cerca di insegnarci come essere felici: la felicità è guadagnare sempre di più; la felicità è essere ostinatamente belli; la felicità è nel piacere smodato; la felicità è nell’ultimo iPhone o nella moda del momento. Sappiamo bene che certe felicità sono effimere e che alla fine ci lasciano l’amaro in bocca. Gesù, invece, ci insegna il segreto della felicità vera che, come ogni traguardo serio che si rispetti, ha bisogno di sacrifico per essere raggiunto.

A leggere le Beatitudini, in realtà, sembra difficile scorgere da subito la felicità. Gesù definisce beati, cioè felici, coloro che sono poveri, che piangono, che sono perseguitati.

Ma scherziamo? Chi vive nella povertà o nel pianto, chi è perseguitato non è felice. È nella tristezza più cupa. Ma quando Gesù parla di felicità, usa il tempo futuro. Perché è verso il futuro che dobbiamo guardare per essere felici. Non ci aspetta una ricompensa per avere sopportato il dolore. Ma vivere in una certa logica, anche se costa dolore, è la direzione giusta per entrare nella felicità di Dio.

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Gesù non condanna la ricchezza in sè ma esalta chi si mantiene povero dentro. Allora beati quelli che sperimentano il proprio limite senza ignorarlo. Beati coloro che non vivono di apparenza, facendo finta di essere migliori di ciò che sono, ma che hanno il coraggio di accogliere anche le ombre e hanno l’umiltà di chiedere aiuto.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Saremo consolati se sapremo fare del dolore un’esperienza non fine a se stessa. Beati coloro che non si piangono addosso, che non passano il tempo a lamentarsi. Beati coloro che si lasciano consolare, non compatire. Che sanno mettersi in relazione con gli altri per non stare da soli. Che guardano oltre la sofferenza e che sperimentano quanto ogni vita è preziosa agli occhi di Dio, perché nessun uomo, mai, è solo e abbandonato. La sofferenza non è la parola definitiva della vita. Di nessuna vita.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che vedono sempre il lato buono delle cose e delle persone. Beati coloro che cercano sempre di cucire, non di strappare, di gettare ponti, non di erigere muri, perché la terra è loro eredità, un terra abitata, non un cimitero deserto.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati quelli che non si rassegnano alle tante ingiustizie di ogni giorno, ma continuano a credere nell’onestà e nel sacrificio. Beati quelli che non commettono ingiustizia perché lo fanno tutti perché non dovrei farlo pure io? Beati quelli che sanno cosa significa desiderare, che sanno cioè ancora guardare il cielo, perché il loro desiderio sarà saziato.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati quelli che, come Dio, guardano alla miseria col cuore, che non giudicano sé e gli altri impietosamente, che chiedono perdono e perdonano chi glielo chiede. Beati quelli che cercano i fatti prima del pettegolezzo e giudicano gli altri con verità e compassione: troveranno verità e compassione per loro stessi.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati quelli che non vivono sugli scandali degli altri, che non vedono il male ovunque, che non usano malizia nei loro giudizi, che non vivono nell’inganno. Beati quelli che mantengono il loro cuore puro così come lo sguardo, in modo da riconoscere Dio quando si presenta nel prossimo.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati quelli che non cedono alla violenza; beati quelli che non si lasciano trasportare dai venditori di odio e intolleranza. Beati quelli che costruiscono la pace a partire dal pianerottolo di casa e dal proprio cuore, che non si lasciano divorare dalla rabbia. Beati quelli  che non scendono a compromessi per mantenere equilibri irrisori. Saranno chiamati figli di Dio, qualunque religione professino.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Beati quelli che si assumono le proprie responsabilità, che non scaricano sugli altri, che hanno il coraggio di pagare fino in fondo le proprie scelte, e anche i propri errori. Beati i discepoli che non rinnegano la loro fede per paura.

Ecco il segreto della felicità. Gesù ci propone un cammino, radicale, non semplice, ma autentico. A noi la scelta se rischiare di essere davvero felici o accontentarci di quello che ci propone il mondo.

Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

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