Per noi conoscere il passato è un atto morale, nel senso che la stessa ignoranza è colpevole. Traudl Junge nel 1942 diviene, a ventidue anni, una delle ultime segretarie private di Hitler ma sarà per tutto il tempo completamente ignara delle politiche razziali del suo capo. Finita la guerra scriverà: «Il fatto che fossimo giovani non ci giustifica dal non aver saputo».
L’errore più grande che si commette oggi è pensare che fatti di una tale gravità siano capitati solo nel tempo passato. Uno sguardo attento a quanto si verifica oggi nel mondo ci dimostra che tante forme di lager e sterminio sono ancora presenti: certi centri per gli immigrati e i nazionalismi dei muri per difendere la razza, i cinquanta milioni di bimbi che ogni anno vengono uccisi con l’aborto, l’eugenetica che, nata sotto i regimi totalitari e vagheggiata dal nazismo, oggi è presentata come modernità. Solo alcuni esempi ma tante altre ingiustizie oggi sono ancora commesse.
Una giornata della memoria che accusa il passato – come accade nella maggior parte dei casi – e che non riflette sul presente è un’ipocrisia. Se il presente deve illuminare il passato, è anche vero il contrario, ovvero che il passato deve aiutarci a scrutare meglio il presente e quale futuro stiamo costruendo. Ma per fare questo bisogna sapere, informarsi, conoscere, approfondire e non fermarsi a quello che si legge o si sente distrattamente. Il rischio di Traudl Junge è sempre attuale.