La Messa di #Natale nella Cattedrale di #Aleppo.

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Questa foto ha tanto da insegnare a noi cristiani comodi.
A quelli che “in chiesa fa troppo freddo” o “fa troppo caldo” a seconda delle stagioni;
a quelli che “non ci sono mai abbastanza foglietti per seguire la messa”;
a quelli che “i banchi sono scomodi” o “questo è il mio banco”;
a quelli che “è troppo presto” o “è troppo tardi” o “è troppo lungo”;
a quelli, insomma, che trovano sempre una scusa.
I cristiani di Siria avevano la scusa jolly, “c’è la guerra!”, ma non l’hanno usata.

Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

Una risposta a "La scusa jolly"

  1. NATALE BAMBINO
    di Fausto Corsetti
    Abbracciato alla casa, furtivamente, il nespolo si vestiva di minuscoli fiori bianchi. Un profumo frizzante di legna che crepitava e scintillava nel buio del camino; dalla vecchia cucina dei nonni un aroma dolce di caffè, latte e anice avviluppava l’aria di quei giorni…
    Profumi antichi di irripetibili sensazioni, sapore di casa e di cose fatte di poco o di nulla. E’ la magia del Natale di ieri, con quell’atmosfera di pace e serenità che si consumava sui banchi di una chiesa e al calore di un interno di famiglia, popolata di parenti e amici, straripante di bambini.
    C’era una volta questo Natale. Tutto allora, per la gente, aveva un significato diverso, più profondo. Era la festa della famiglia: i piccoli e i grandi a gustare le buone semplici cose fatte in casa; i piccoli a giocare con i grandi e i grandi a giocare con i piccoli. Un Natale così è senza tempo, te lo porti dentro al di là del tempo: un dicembre che ti riempie per un anno, fino al dicembre successivo.
    Oggi è un altro Natale, ridotto a semplice ricorrenza, da vivere intensamente, tutta da bruciare in un brandello limitato di tempo, fra un anno che se ne va e uno che arriva. Rispetto al Natale religioso, inizia con notevole anticipo, a Ottobre, e te ne accorgi dalla pubblicità, solerte osservatorio e segnatempo dei costumi della gente. Lo noti dalla petulanza con cui sono propagandati certi prodotti piuttosto che altri, dapprima con timidezza, poi con frequenza ossessiva, finché alla fine ogni cosa è chiamata col proprio nome: il Natale, e i singoli prodotti enfatizzati con specifico riferimento al Natale. E, a metà dicembre… esplode la frenesia dello spendere, la corsa agli acquisti.
    Il Natale di oggi ha perso miseramente la sua inconfondibile identità: è sempre meno domestico, e sempre più pagano ed edonistico. E’ uscito di casa. I suoi riti, le sue liturgie va a celebrarli in esterni di famiglia, che hanno per scenografia le strade caotiche e luccicanti della città, lo sfarzo dei centri commerciali e le località di soggiorno vacanziero. Il Natale romantico dei gustosi prodotti fatti in casa è ormai soltanto un vago e lontano ricordo. Oggi è tutto “preconfezionato”: si deve solo prendere, pagare, aprire, dare, ricevere, gustare, indossare, buttare.
    E’ cambiato il Natale perché è cambiato il paesaggio degli uomini. E’ la festa che più di ogni altra evidenzia gli scompensi, le contraddizioni, tutte le divisioni di questo nostro mondo: di là i potenti, i vacanzieri, i gaudenti, di qui – come scomodi dirimpettai – gli emarginati, i delusi, i senza nessuno, i disperati e quanti a volte chiedono soltanto il conforto di una parola, il cenno di uno sguardo di comprensione.
    Ma, è proprio finito per sempre il Natale fatto di vicinanza, calore, umanità?
    Difficile dare una risposta, ma sono fermamente convinto che molto dipenda da noi.
    Quante volte diciamo a noi stessi ciò che davvero vorremmo fare, essere, diventare. Talora, timidamente, lo confidiamo con pudore e desiderio a persone care, ad amici, ai nostri più vicini compagni di strada.
    Ma, poi, tutto sembra fermarsi lì… dimenticando che i profumi più intensi hanno radici profonde, non visibili, eppure vere, vitali. Basta solo ricordarselo, e credere che le cose che davvero si desiderano arrivano a germogliare, perché non ci si è stancati, di sera in sera, di giorno in giorno, di alimentarle con frammenti di vivo desiderio. Poi, pian piano, mettendo uno accanto all’altro quei mille frammenti, si arriva a scoprire con stupore che si è giunti al compimento: il profumo si espande d’intorno e gratuitamente rende felici anche altri cuori. Essenzialità, fortezza, determinazione sono i messaggi che consegna a quanti sono ancora capaci di annusare il fiore della vita, di gioire delle cose vere, semplici, autentiche.
    Proprio come il nespolo.
    Sfida e vince la rigidità del gelo con la fragilità dei suoi piccoli fiori, che diffondono solo profumo, un profumo intenso, come di mandorle e zucchero filato, attraente, capace di fermare e di inebriare di sorriso e voglia nuova di vivere, proprio quando tutto sembra fermo, immobile, irrigidito, morto.
    Annuncia l’inverno. Parla di primavera.

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