II DOMENICA DI #AVVENTO

«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». (da Mt 3,1-12)


Il deserto, prima o poi, arriva per tutti.
È quel momento in cui ti senti perso e l’unico desiderio che hai è quello di tornare indietro, al sicuro, dove eri felice. Pensi di farcela da solo, ma non ci riesci. Giri a vuoto nel tuo deserto. Oggi, abituati alla tecnologia, quando ci perdiamo, in tutti i sensi, usiamo la mentalità dei tom-tom: ricerchiamo l’itinerario breve e senza pedaggio, senza sacrifici; pretendiamo dagli altri la soluzione dei nostri problemi, ma gli altri non riescono ad individuare la nostra posizione, perché solo noi, in realtà, sappiamo a che altezza (o bassezza) della nostra vita siamo.
Alla fine decidiamo di fermarci.
Ecco l’Avvento: un’area di sosta. Accanto a noi, oggi, passa un tipo strano, smunto, trasandato: Giovanni Battista. Egli grida nel nostro deserto: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”.

Preparare la via del Signore significa mettere ordine nel cuore affinché Dio possa riempirlo del suo Amore, Gesù che viene.
Egli viene per rimetterci in carreggiata, per riempire le buche con la sua misericordia, per indicarci che Lui è l’unica strada da seguire.
Poi ci sono i sentieri.
I sentieri sono collegati alla via del Signore: partono dal nostro cuore e raggiungono altri luoghi, altre persone. I sentieri sono le relazioni che abbiamo con gli altri, il modo per arrivare al loro cuore e per permettergli di raggiungere il nostro.
Raddrizzare i sentieri significa impiegare meno tempo per incontrare gli altri, significa rendere la nostra vita, e quella di chi ci circonda, meno tortuosa, con meno curve. Le curve sono brutte perché nascondono l’orizzonte. Quanta silenziosa sofferenza oggi si aggira nel nostro mondo e non ci permette più di vedere oltre. Raddrizzare i sentieri significa raggiungere gli altri e aiutarli a superare le curve pericolose che si presentano nella loro, quanto nella nostra, strada di vita.

Impariamo da Giovanni l’umiltà verso Gesù e il servizio al prossimo, così, ogni volta che ci perderemo, sapremo ritrovare la via di Casa.

Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

Una risposta a "La via di Casa"

  1. IL VIAGGIO

    di Fausto Corsetti

    Appartiene a ciascuno di noi, inizia dalla nascita: il viaggio. Ognuno di noi viaggia, ogni giorno, ora, minuto; cresce, apprende nuove cose e ne perde altre. I percorsi di noi persone comuni non saranno scritti nelle letterature o nei libri di storia, ma ognuno di noi intraprende una strada di vita che a sua volta si intreccia con quella di molti altri. Spesso il significato del viaggio è soprattutto nella sua direzione e la sua meta può materializzarsi in modo imprevedibile e talvolta può addirittura sfuggire, può essere perennemente e vanamente inseguita.
    La vita germoglia proprio dentro ciascuna delle cose che abitano il tempo e lo spazio; è mimetizzata dietro al volto di quanti incrociano i nostri passi, si alimenta dei sentimenti, delle illusioni, delle passioni, delle sconfitte che affollano il cuore di quanti osano mettersi in cammino.
    Sovente ci accade di vivere e di non accorgersene, di aspettare e di non riuscire a riconoscere, di intraprendere e di restare, comunque, insoddisfatti.
    Il sentiero della vita non è tracciabile, non è mai riconoscibile prima di essere percorso. E’ simile al volo di un gabbiano nel cielo, alla rotta di una barca sul mare: la traccia c’è, è riconoscibile, ma soltanto dopo, anzi proprio mentre si realizza.
    Ricorda l’amore. Rimane misterioso il suo percorso, si realizza esattamente nel momento in cui si offre. Il cammino di un uomo e di una donna resta indefinibile, misterioso, eppure è avvolgente, appagante perché impastato di desiderio e di memoria, di passione e di nostalgia, di fisicità e di evanescenza, di provvisorietà e di eterno, di riconoscimento e di meraviglia.
    E non c’è viaggio migliore di quello in cui si impara a lasciar scivolare dentro, nell’intimità, voci, luci, luoghi, sentimenti, timori, silenzi e spazi… consapevoli, alla fine, che nessun viaggio è definitivo.
    La gioia o la delusione non vengono da fuori: affiorano dal proprio profondo.
    Ciò che sazia è il desiderio. Ciò che soddisfa è l’inedito. Ciò che assicura pienezza e gioia è la capacità di cercare e di stupirsi per tutto ciò che c’è di nuovo nella vita e nei volti di coloro che la affollano.
    Passare di luogo in luogo, di viaggio in viaggio, di passione in passione, di cuore in cuore, non è difficile, ma la scommessa, la sfida è un’altra: cercare, riconoscere, accogliere, far durare ciò che provvisorio non è, e che indossa tanto, tanto spesso le vesti della fragilità e del non evidente.
    Il percorso, il cammino non è già tracciato e nessun viaggio è definitivo: anzi, il miglior viaggio è, incredibilmente, quello incompiuto.
    Basta saper ricominciare.

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