Cristo Re dell’universo
Oggi chiudiamo l’anno liturgico festeggiando un paradosso: Cristo Re dell’Universo ma che siede sul trono della croce incoronato di spine.
Quello che ci insegna Gesù è un potere diverso, non un prevalere sugli altri ma un rivalutare ognuno, non un potere di vita o di morte ma una morte che dona la vita: è il potere dell’amore. Quell’amore che vale più della vita, quell’amore per l’umanità che inchioda Gesù alla croce anche se la stessa umanità gli chiede una prova della sua regalità: «Ha salvato altri! Salvi se stesso.. Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Ma il vero re è quello che si sacrifica per il suo popolo. E appare un re che muore ostinatamente amando; giustiziato, ma non vinto; che noi possiamo rifiutare, ma che non ci rifiuterà mai.
E qui il secondo paradosso del giorno: la canonizzazione di un malfattore!
In quell’uomo che condivide la sorte di Gesù, in quell’uomo capace di riconoscere in Gesù la misericordia del Padre, in quell’uomo che non ha nessun merito da vantare, proprio in un ladro risplende il folle amore di Dio per ogni uomo. Non è mai troppo tardi per chiedere a Gesù di ricordarsi di noi, della nostra vita, del nostro dolore. Nel caso del ladrone pentito Gesù non solo si ricorda di lui, ma addirittura lo porta con sé, se lo carica sulle spalle come ha sempre fatto con ogni pecorella perduta.
Festeggiare, allora, oggi Cristo come Re dell’universo vuol dire non dimenticare che l’amore di Dio è universale e raggiunge ognuno, che la misericordia di Dio è infinita e non si chiude con una porta, che avere un Re così è semplicemente la fine del mondo!