III Domenica di Avvento
Il nostro è un tempo di testimonial più che di testimoni, di spot più che di fatti concreti. Oggi per una pubblicità di effetto e per ogni prodotto, dalle patatine al divano, dai medicinali al profumo (chi le capisce le pubblicità dei profumi???), c’è bisogno di un testimonial famoso, affascinante e possibilmente seminudo. A questo va aggiunta la frase ad effetto, lo spot che si mette nella mente fino a diventare un modo di dire comune, un tormentone.
In questa Domenica della gioia, abbiamo nuovamente davanti a noi Giovanni Battista che, nella regia dell’evangelista Giovanni, interpreta il ruolo di testimone o, se volete, di testimonial.
Il Battista ha tutte le qualità per essere un buon testimonial: è famoso in tutta la regione della Giudea; affascina per ciò che dice e non per come si presenta; con il suo particolare abbigliamento risulta tanto stravagante quanto basta e, se un testimonial ci mette la faccia, Giovanni ci rimette addirittura la testa!
Ma a differenza dei moderni testimonial, Giovanni non ha alcuna intenzione di riempire la scena, di fare la primadonna. Giovanni non riempie la targhetta della porta di casa anteponendo al suo nome sfilze chilometriche di titoli ed onorificenze, né appende al muro del suo studio i diplomi, le lauree, i master e i premi ricevuti. Questo fa di lui un testimone e non un testimonial. A chi gli domanda “chi sei?” lui risponde di essere solo una voce, non il Cristo, non Elia, non il profeta che tutti attendono, ma una semplice voce che grida nel deserto. Lui è testimone della Luce che viene ma non è la Luce, sa che il suo contratto da testimonial è in scadenza perché la Luce è vicina e il suo compito di annunciarla è quasi finito, poi si farà da parte.
E noi?
Siamo cristiani da spot o testimoni di fede? Indichiamo la strada o pensiamo di essere noi stessi la strada che tutti devono percorrere?
«Anche noi siamo solo dei testimoni della Luce: la cerchiamo la desideriamo, la invochiamo e, per grazia, la possiamo incontrare. Ma nessuno di noi si illuda di possederla. Nessuno si arroghi il diritto di attribuirsi quello che non è. Di quella Luce meravigliosa siamo solo una traccia, un riflesso». (G. Osto)
Chi ama non trattiene, chi ama libera. Come i genitori che accompagnano i figli all’altare, come gli educatori che vedono i loro ragazzi crescere, come l’alunno che supera il maestro. E queste sono gioie intime.
Luce e gioia sono profondamente collegati. Nessuno è felice al buio, solo i ladri e chi ha qualcosa da nascondere. In questa Domenica della gioia facciamo riecheggiare nei nostri cuori la domanda che viene rivolta a Giovanni Battista: “Cosa dici di te stesso?”. Puoi considerarti un uomo o una donna felice, oppure, pur non mancandoti niente, senti di non esserlo davvero? Cristo viene a illuminare la nostra vita, viene a donarci quella gioia che la nascita di un bimbo porta in ogni casa, una gioia che non coincide con l’assenza di problemi ma con la certezza di essere amati.
Quante nostre Messe sembrano funerali, ma il morto non c’è!
Coloro che incontrano Gesù e si lasciano salvare da Lui, sono liberati dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. «Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Papa Francesco).
Lasciamoci incontrare da Gesù: ritornerà la luce nei nostri occhi e il sorriso sulle nostre labbra.
D’altronde un cristiano felice è la migliore pubblicità di Dio!