Questo post lo avevo scritto qualche tempo fa, ma non avevo mai avuto la forza di finirlo.. mi sembrava sempre inutile e fuori luogo farlo.
Ma dopo la gioia dell’elezione di Papa Francesco me lo sono ritrovato davanti e, così, senza volerlo, ho messo un punto alla fine.

Vivi come se dovessi morire domani,
ma comportati come se dovessi vivere per sempre
Dalai Lama

Scrivere aiuta.

Ci sono esperienze della vita che vanno fissate con l’inchiostro, perché le lacrime si asciugano in fretta. Scrivere aiuta perché hai bisogno di mettere in riga i pensieri e le emozioni che si azzuffano fra mente e cuore.
Scrivere aiuta.
Ci sono ricordi che s’ingialliscono prima delle pagine di un diario e altri che non basterebbe tutta la carta di questo mondo per contenerli.
Allora stasera scrivo, perché ho bisogno di aiuto.
1810_10152631163565223_2116186052_nNon è mai facile comprendere qual è il nostro ruolo nella vita. Per un cristiano, poi, discernere la volontà di Dio, diventa l’ascesi di ogni giorno. La nebbia delle difficoltà o il sole accecante dei nostri successi non ci permettono di vedere chiaramente la strada, ma fa parte del gioco, della vita. Ci sono momenti, però, in cui non distingui bene la strada, ma non riesci a vedere nient’altro intorno a te se non il nero fitto del dubbio.  È li che ti chiedi: dove sono? Dio dov’è? E più cerchi di uscirne più ti sembra di essere trascinato dentro dalle continue domande. O dalla solita: Perché?
Ce lo chiediamo tutti.
Tutti sappiamo pure che non c’è una risposta, e questa impotenza si aggiunge alla rabbia e al dolore della perdita improvvisa di un figlio, di un amico, di un compagno di scuola, di un giovane e basta. Ricordarmi improvvisamente di essere un niente mi ha reso fragile e indifeso. È un crollo generale che ha una sola risposta: non ce la faccio!
Non ce la faccio da uomo a capire come si può morire a 15 anni, mentre si gioca la partitella della domenica.
Non ce la faccio da padre ad assistere alla morte di un figlio.
Non ce la faccio da prete ad accompagnare, consolare, “a dire due parole” a chi Gabriele lo piange in casa.
Non ce la faccio a sentire che “Dio prende sempre i fiori più belli dal suo giardino“: ma quando mai! Ma chi ci crede in un dio che, per il suo egoismo, dispensa dolore e sofferenza ai suoi figli? Il mio Dio sta piangendo con me e ha già spalancato le sue braccia per accogliere un figlio che maledettamente presto lo ha raggiunto! Questo è Dio.
Non ce la faccio.
Mentre ripeti questa litania che a nulla serve se non a sbatterti in faccia il tuo limite, scavi dentro di te. Ognuno di noi ha un deposito di forza interiore che apre nei momenti seri di difficoltà. Con questa energia ritrovata cerchi di affrontare la situazione, ma ti rendi subito conto che adesso hai un vuoto in più, devi riempire quanto prima la tua scorta. Allora ogni cosa serve a darti forza. Un abbraccio, una carezza, un bacio, una preghiera, una frase scritta per terra, una candela accesa, una canzone, uno striscione, una lanterna accesa che spicca il volo, un sorriso.
Ho fatto il pieno di vita stando insieme ai compagni di Gabriele. La fiaccolata e la veglia alla sua salma sono stati per me, uomo e prete, i momenti più edificanti. La morte ci è entrata in casa all’improvviso ma ha trovato l’Amore di guardia ed è stata respinta. Ho visto e sperimentato quanto l’Amore sia più forte della morte.
Allora ho ritrovato la strada, perché le nebbie del dubbio e della paura si erano dissolte spazzate dal vento della gioia e dalla forza della vita.
Dio dov’era? Dove è sempre stato: affianco a me.
E molti adesso sulla loro strada, insieme con Dio, hanno un nuovo compagno di viaggio.. Ciao Gabry!
Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

Una risposta a "Non dire mai “Non ce la faccio!” potresti finire per crederci…"

  1. IL VENTO CONTRO

    di Fausto Corsetti

    Tempo fa, scorrendo i canali della televisione, sono stato attratto dalle immagini di alcune gare sportive. Si trattava, in particolare, del lancio del giavellotto.
    Assistere alla gara del giavellotto è come tornare agli albori dello sport, assaporare l’aria di antiche competizioni. Proprio nell’antichità, lo sport derivava dall’allenamento per la battaglia, dalla preparazione per i combattimenti.
    Le gare odierne non sono lotte contro un nemico, ma sono invece, più spesso, sfide ai propri limiti, battaglie con se stessi per superare i propri personali traguardi. Ognuno cerca di fare sempre meglio della volta precedente, di oltrepassare se stesso, prima ancora di superare l’altro.
    In questa pratica sportiva, come in tutte le altre gare di lancio, ad esempio quella del peso o del disco, la sfida ai propri limiti è evidenziata dalla solitudine spaziale della pedana di gara: l’atleta è lì solo con se stesso, con il suo attrezzo e, di fronte, l’ampio spazio della competizione.
    Quello che mi ha sorpreso, osservando il lancio del giavellotto, è la dinamica della prestazione.
    Mi sarei aspettato che il tiro sia tanto più facile e lontano quanto più il vento è favorevole, come se il vento potesse trasportare più in là l’attrezzo lanciato.
    Dai commentatori, invece, ho ascoltato esattamente il contrario: il vento favorevole non giova alla prestazione del lancio del giavellotto. Un buon lancio è facilitato, invece, dal vento contrario, perché solo l’opposizione dell’aria permette al giavellotto di rimanere sospeso più a lungo, di veleggiare e così di arrivare più in là.
    L’abilità non sta nel lanciare semplicemente “oltre” ma nell’avvertire la corrente d’aria giusta, in opposizione, che mantenga più a lungo possibile in alto il volo del giavellotto.
    Questa stranezza mi ha profondamente colpito. Noi siamo abituati a pensare al vento sfavorevole come ad un’avversità da combattere, come ad una sventura: nel lancio del giavellotto, al contrario, esso diventa un’ottima occasione per andare più avanti. L’avversità diventa un’opportunità da sfruttare più che una maledizione da sopportare.
    Penso che ci sia da riflettere, penso che ci sia un valido suggerimento per la nostra vita in questa curiosità del lancio del giavellotto.
    Nello scorrere della nostra esistenza non sono certamente assenti periodi faticosi e duri in cui le cose non sembrano “veleggiare” per il meglio, in cui sembra che il vento della vita ci sia decisamente contrario. In questi momenti o ci mettiamo a lottare contro queste difficoltà, spesso accumulando rabbie, rancori e risentimenti, o le trasformiamo in occasioni di crescita e di pausa, in cui fermarci per riflettere e riprendere le redini della nostra esistenza, per ritornare a ciò che è essenziale.
    Per essere più chiaro: non sempre una malattia, una disgrazia, una difficoltà, un’incomprensione è solamente e totalmente negativa.
    Se riesco a vedere oltre e a cogliere in essa una nuova opportunità di crescita è come se scagliassi il mio personale giavellotto sfruttando il vento contrario per farmi sostenere da esso. Le contrarietà della vita si possono trasformare in occasioni nuove per trovare strade diverse o soluzioni insperate.
    Nei nostri momenti difficili ricordiamoci del lancio del giavellotto e sapremo trasformare dentro di noi il lamento in una danza; sapremo trasformare tutto: tutto vuol dire proprio tutto, anche ciò che bene non è, anche il vento contrario nel cammino della vita.

    "Mi piace"

Lascia un commento